Non solo Renzi, tra Italia e Arabia Saudita il «dialogo è strategico»

Renzi's meeting in Saudi Arabia
Il 10 gennaio 2021, a Riad, Luigi Di Maio firma il Dialogo Strategico fra Italia e Arabia Saudita.

Manlio Dinucci (il Manifesto, 9 febbraio 2021)

Ha suscitato giuste critiche il fatto che Matteo Renzi, ricevuto a Riad da Sua Altezza Reale Principe Mohammed bin Salman, abbia lodato l’Arabia Saudita.

Nessuna critica invece, ma sostanziale consenso – tranne la denuncia di questo giornale – , quando lo stesso Renzi, in veste di presidente del consiglio nonché segretario del Pd, andò nel novembre 2015 in visita ufficiale a Riad per consolidare i rapporti tra i due paesi.

Eppure allora l’Arabia Saudita era sostanzialmente la stessa e aveva già iniziato la guerra contro lo Yemen. La visita si inseriva nella tradizionale politica italiana di amichevoli rapporti con l’Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo.

Basti ricordare Emma Bonino che, in veste di ministro degli Esteri del Governo Letta, dichiarava nel 2013 che «Italia e Arabia Saudita hanno veramente molto in comune e vi sono profonde ragioni per il rafforzamento dei nostri legami».

Nella stessa linea si inserisce la visita che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha effettuato, il 10 gennaio (oltre due settimane prima di Renzi) in Arabia Saudita.

Qui non solo ha incontrato il Principe Mohammed bin Salman, esaltando «il costante rafforzamento delle relazioni di amicizia e cooperazione», ma ha compiuto un atto ufficiale molto più importante: ha firmato col ministro degli Esteri saudita, principe Faisal bin Farhan, un memorandum d’intesa sul «dialogo strategico» tra Italia e Arabia Saudita.

Questo atto, ben più grave della dichiarazione di Renzi sul «nuovo Rinascimento» dell’Arabia Saudita, non ha suscitato critiche in Italia ed è praticamente passato sotto silenzio.

Il nuovo accordo lega ancor più l’Italia a una monarchia assoluta, in cui il sovrano detiene il potere politico ed economico, legislativo, esecutivo e giudiziario. Attualmente è nelle mani del principe Mohammed bin Salman, impadronitosi del potere con un atto di forza all’interno della famiglia dominante.

In Arabia Saudita non esiste un parlamento, ma solo un consiglio consultivo nominato dal sovrano.

Partiti politici e organizzazioni sindacali sono illegali.

Il sistema giudiziario si basa sulla legge coranica, amministrata da tribunali religiosi.

Frequenti sono le condanne alla decapitazione o al taglio delle mani, effettuati in pubblico.

Oppositori e critici vengono incarcerati, torturati e assassinati.

Il giornalista Jamal Khashoggi è stato ucciso nel consolato saudita a Istanbul e il suo corpo è stato smembrato per farlo sparire.

I circa 10 milioni di immigrati, la metà della forza lavoro in Arabia Saudita, vivono in condizioni di supersfruttamento e schiavitù: per presunte violazioni delle leggi sull’immigrazione, ne sono stati arrestati in 3 anni oltre 4 milioni.

L’accordo sul «dialogo strategico» rinsalda i legami del complesso militare-industriale italiano con l’Arabia Saudita, uno dei maggiori acquirenti di armi.

Mentre il governo italiano revoca la vendita di bombe all’Arabia Saudita quale misura contro la sua guerra che fa strage nello Yemen, la Leonardo, la maggiore industria bellica italiana, assiste l’Arabia Saudita a usare i caccia Eurofighter Typhoon che bombardano lo Yemen.

Riad ne ha acquistati 72 dal consorzio in cui la Leonardo ha il 36% della quota industriale. L’Eurofighter Typhoon, certifica la stessa industria, è «combat proven» essendo già stato «provato in operazioni in Libia, Iraq e Siria», cui va aggiunto lo Yemen.

La stessa Leonardo documenta che «per oltre 40 anni abbiamo fornito l’avionica e i sistemi di comunicazione del Typhoon e Tornado operati dall’Aviazione Reale dell’Arabia Saudita» e che «offriamo alla Reale Aeronautica dell’Arabia Saudita velivoli senza pilota e soluzioni di target acquisition» (ossia droni per individuare gli obiettivi da bombardare).

La stessa Leonardo precisa, inoltre, che «abbiamo personale nelle basi militari del Regno».

Contemporaneamente l’azienda pubblica italiana Fincantieri costruisce negli Stati uniti 4 navi da guerra del tipo più avanzato (Multi-Mission Surface Combatants) destinate all’Arabia Saudita in base a un «ordine plurimiliardario».

Ci sono dunque solide basi per lo sviluppo del «dialogo strategico» tra Italia e Arabia Saudita.

(il Manifesto, 9 febbraio 2021)

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